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Una sperimentazione di marcatura XML ad un'edizione critica latina: IL Liber Prodigiorum DI GIULIO OSSEQUENTE

Per andare a sperimentare quanto fino ad ora ipotizzato, abbiamo così materialmente provato a lavorare su di un qualsiasi vero e proprio testo concreto, per verificare sul campo come potesse essere applicata, e quali problematiche suscitasse, la marcatura XML ad un’edizione critica di un testo latino. Ma è importante dire subito quanto la scelta della lingua latina e dell’epoca del testo, e la scelta del testo stesso, siano state del tutto secondarie ed ininfluenti, visto che l’obiettivo che ci siamo posti era quello di verificare le potenzialità della marcatura XML, indipendentemente dal testo specifico, proprio perché si voleva testare un’opzione che ponesse in essere le premesse per uno standard metodologico, applicabile eventualmente in seguito a qualsiasi edizione critica.

A priori quindi si è progettato un cammino, che si può riassumere in tre tappe principali, ma che è costituito di numerose fermate intermedie, e che può ipotizzare ulteriori sbarchi e nuove rotte. L’ipotesi di lavoro iniziale è stata così quella di partire come prima tappa con l’operare la collazione elettronica di un testo critico (ricorrendo all’edizione critica maggiormente autorevole), per poi proseguire alla marcatura XML del testo critico elettronicamente collazionato, e quindi per terminare con la collazione elettronica (effettuata con scorciatoie logiche e grafiche di digitazione, in quanto finalizzata – diversamente dalla collazione del testo critico, che può avere comunque vita ed utilità a sé stante – alla marcatura XML) e la marcatura XML dell’apparato critico.

In questo lavoro daremo solo una serie di esempi degli esiti e soprattutto degli approcci che abbiamo realizzato, ma ovviamente non porteremo a compimento l’intera opera, in quanto gli scenari futuri e le contingenze operative pratiche possono condurre a tali e tante opzioni operative, che rischiano di far navigare molto a lungo il vascello. Per questo il lavoro, come già detto, sarà volutamente lasciato aperto, non concluso, ma non risulterà in ogni caso inutile: perché tutto il materiale che è stato prodotto, a nostro avviso, comunque può essere riutilizzato ed offrire la possibilità di ulteriore approfondimento e di integrazione a chi volesse riprenderlo. Ed in ogni caso l’approccio metodologico che viene descritto è sicuramente delineato, ed è forse l’aspetto più interessante che vorremmo fare emergere da questa prova, destinata indubbiamente ad essere poi ripresa in altri contesti ed in altri tempi.

Alla fine il testo che è stato “prescelto” per finire sotto il microscopio ed il bisturi del nostro intervento di marcatura è risultato essere, del tutto incidentalmente, e quasi casualmente, il Liber Prodigiorum di Giulio Ossequente, un’epitome liviana che si prestava come cavia parecchio bene in quanto non eccessivamente esteso, e poi perché non dotato di una tradizione eccessivamente complessa. Risultava quindi – a prima vista – idoneo a consentire un lavoro esemplare ed abbastanza completo: anche perché fra i nostri interessi non rientrava affatto l’analisi estetica del prodotto letterario, quanto piuttosto la possibilità di lavorare su di un testo e su di un’edizione critica che offrissero un numero ampio di problematiche inerenti alla logica dell’organizzazione del testo edito e dell’apparato critico, per procedere esemplarmente alla loro marcatura XML.

Il lavoro che abbiamo svolto, quindi, non dipende affatto dal testo scelto, che è questo, ma che poteva benissimo essere un altro.

La storia del testo del Liber Prodigiorum è abbastanza semplice.

Nel 1508 esce infatti a Venezia, curata da Aldo Pio Manuzio e da Andrea Asolano, l’editio princeps, che si basa su di un antico manoscritto, inviato da Giocondo a Manuzio prima in lettura in copia e poi fatto avere in originale, nel quale è contenuto, in coda all’epistolario di Plinio, anche il Liber Prodigiorum di Giulio Ossequente, fantomatico scrittore latino collocato finora dagli storici della letteratura latina nel IV secolo dopo Cristo (ma su Giulio Ossequente, nome ovviamente di fantasia, e sul Liber Prodigiorum sicuramente novità e maggiori informazioni emergeranno dalla lettura della nuova edizione critica che è in corso di realizzazione da parte di Paolo Mastandrea). Purtroppo dopo la stampa di Manuzio viene dispersa ogni testimonianza manoscritta (sia l’originale, sia la copia di Giocondo), probabilmente essendo andata distrutta od essendo stata riciclata per ben più vili e pratici usi nella tipografia veneziana.

Dall’editio princeps aldina del 1508, perciò, si dipana tutta la tradizione del Prodigiorum Liber di Giulio Ossequente, che viene pubblicato da solo per la prima volta nel 1552 a Basilea dal Lycosthenes (Conrad Woolfhart), che però integra il testo “incompleto” di Ossequente con altri prodigi reperiti in altri scrittori. Da allora si segnalano le edizioni Schefferus del 1679, ad Amsterdam; quella di Oudendorpius del 1720, a Leida; per arrivare alle interessanti edizioni e discussioni critico-filologiche ottocentesche, che si chiudono con l’edizione critica di riferimento che abbiamo utilizzato per il nostro lavoro, quella edita ad inizio del XX secolo, nel 1910, da Otto Rossbach, a Lipsia, in coda all’edizione teubneriana di Livio, dopo le Periochae e i Fragmenta Oxyrhynchi.

L’argomento del Prodigiorum Liber, che appare incompleto (probabilmente perché non terminato dall’autore, piuttosto che per problemi legati alla tradizione manoscritta), è una sorta di elenco, una serie quasi di appunti dei fatti “notevoli”, dei prodigi, delle cose misteriose, mostruose o bizzarre, accadute durante la storia di Roma, e raccolte anno per anno: dai fenomeni di presunta origine cosmica ed astronomica (meteore, luci notturne, eclissi…) a quelli meteorologici (piogge di fango, di latte, di sangue…); da strane visoni celesti e fenomeni ottici (con tanto di oggetti volanti) a curiosità naturali, biologiche e zoologiche; per giungere fino alla descrizione di parti abnormi e mostruosi e di anormalità sessuali (come elenchi di ermafroditi, che se scoperti venivano solitamente annegati od uccisi).

Ovviamente la fonte principale di Ossequente appare essere Livio, per questo tradizionalmente dai filologi latini il Liber Prodigiorum viene considerato un’epitome liviana. Recentemente, però, lo scritto di Giulio Ossequente integrato dal Licostene, ha incontrato un nuovo successo fra gli appassionati di ufologia, che hanno voluto leggere in alcuni dei prodigi riportati nell’edizione del 1552 dei possibili riferimenti a manifestazioni extraterrestri: tanto che nella filologicamente discutibilissima, ma comunque curiosa, versione italiana del Libro dei Prodigi curata da Solas Boncompagni e pubblicata per le Edizioni Mediterranee nel 1992, Giulio Ossequente viene definito come un “fortiano ante-litteram” (paragonandolo allo studioso americano dell’insolito di fine Ottocento Charles Fort), come un “vero e proprio precursore dei cronisti dell’insolito dei tempi moderni”.

L’approccio iniziale al testo del Liber prodigiorum è avvenuto in modo volutamente disordinato, attraverso una ricerca in Internet, che ha fatto emergere alcune indicazioni bibliografiche, alcune edizioni elettroniche dell’opera di Giulio Ossequente, ed anche alcune versioni in lingue moderne (tedesco, inglese, spagnolo), oltre che una serie di informazioni disomogenee, che hanno consentito una prima mappatura dell’esistente (anche per evitare di ripetere eventualmente operazioni meccaniche già eseguite). Ma alla fine – nonostante on-line risultasse disponibile anche una complessivamente buona edizione elettronica curata da Intratext nel 2002 (Iulius Obsequens, Prodigiorum Liber, Intratext Edition CT, Èulogos 2002, disponibile all’indirizzo http://www.intratext.com/y/LAT0238.HTM), che però era marcata in HTML e con finalità ben diverse dalle nostre – si è convenuto che fosse indispensabile procedere ad una collazione elettronica del testo critico di riferimento, cioè dell’edizione teubneriana Rossbach del 1910, dalla quale in una prima fase uscisse un materiale il più neutro possibile ed il più pedissequamente vicino all’originale.

E’ stato pertanto necessario, data l’ancor non del tutto sicura affidabilità degli scanner e degli OCR (dai quali però in futuro ci si aspetta sempre maggiori performance), operare una faticosa e metodica collazione “a mano” solo del testo del Liber Prodigiorum edito da Rossbach, già nel corso della quale sono intervenuti alcuni problemi, visto che il testo doveva risultare un testo .txt puro, senza alcuna sovrastruttura di impaginazione (motivo per il quale è stato scartato WinWord come compilatore per la digitazione, e si è preferito l’uso di NotePad o BloccoNote), ma che poi avrebbe dovuto venir trasformato in un file .xml, con l’inserimento dei marcatori.
I primi problemi sono stati pertanto relativi ad alcuni simboli grafici presenti nell’edizione del testo curata da Rossbach, che indicavano scelte o problemi filologico-critici: dalle parentesi uncinate, a quelle quadre; dalle cruces, agli asterischi… Chiaramente il tipo di decisione preso in questa fase risultava potenzialmente condizionante tutto il resto del lavoro, per cui è stato indispensabile procedere con i piedi di piombo.

Il principale e primo dubbio si è avuto sul segno della parentesi uncinata, poiché sarebbe stato poi utilizzato per formare i marcatori XML. In una prima fase si era pensato – mantenendo sempre presente la regola numero 1: sempre segni-simboli univoci! – di sostituire la parentesi < > uncinata con quella [ ] quadra, salvo poi accorgersi che nel testo Rossbach venivano utilizzate anche quelle quadre (per fortuna solo in un’occasione). Per cui la scelta obbligata è stata quella di segnare a parte la posizione in cui doveva restare la parentesi quadra e ricorrere alla sostituzione della digitazione degli uncini in questa fase con le parentesi quadre, per poi provvedere a sostituirle in fase di realizzazione del file XML con l’equivalente ASCII.

Il secondo grosso problema è stato quello relativo alla numerazione dei capitoli effettuata dal Rossbach: facevano o no parte del testo edito quei numeri? Alla fine la risposta è stata sì: cioè i numeri Rossbach dovevano essere digitati, poi sarebbero stati marcati ad hoc, ma erano indispensabili per rendere esattamente il testo critico. E nel corso della digitazione ovviamente ci si è imbattuti anche in un ulteriore problema: quanto essere pedissequi? Infatti uno dei numeri progressivi che indicano le varie sezioni identificate da Rossbach è chiaramente errato (un errore evidente di stampa: dopo il 2 viene il 4, e dopo il 4 torna il 4, cui segue il 5; tra l’altro segnalato nelle corrigenda et addenda). In teoria, rispetto alla posizione preconcetta presa di non cambiar nulla fra testo a stampa e testo digitale, arbitrariamente, ma logicamente, si è provveduto a correggerlo; così come è stato fatto quando fisicamente mancava un punto alla fine di un periodo. L’opera di pedissequa resa in formato elettronico del testo proposto come definitivo da Rossbach, così, inevitabilmente portava a qualche cambiamento, ma restava fedele, forse più fedele del testo stampato…
Per rendere il simbolo della “crux” si è utilizzato il +; mentre gli asterischi sono stati digitati usando *; si è inoltre mantenuta, accanto alle date dubbie, la simbologia scelta da Rossbach: (?).

Sono state rispettate in modo preciso le maiuscole e le minuscole, e per l’indicazione degli anni, accanto ai nomi dei consoli, così come appariva nell’edizione critica, è stato messo a fianco (ma in realtà di seguito ai nomi dei consoli) il doppio anno di riferimento, secondo questo schema, che ricalca quello utilizzato nella stampa teubneriana del 1910: numero Rossbach; nomi dei consoli; data ab Urbe condita / data ante Cristo.

Il titolo riportato all’interno del testo critico di Rossbach è stato considerato parte integrante del testo (cosa questa da sottolineare, perché poi l’identificazione delle singole unità molecolari che chiameremo parole del testo e che verranno numerate in fase di marcatura XML, partirà considerando come prima parola la prima parola del titolo!).

 Alla fine del lungo e manuale lavoro di collazione, è stato finalmente possibile disporre di un testo elettronico neutro che riproduceva quasi in pieno e quasi pedissequamente l’edizione Rossbach del Liber prodigiorum di Ossequente. Un prezioso punto di partenza, memorizzato ed affidato agli archivi, che risulterà indispensabile per le ulteriori fasi del lavoro.

Terminata, infatti, la fase iniziale di collazione del testo, prima dei primi approcci e delle prime applicazioni di marcatura XML, è risultata fondamentale ed indispensabile una fase intermedia, che ha condotto alla “numerazione” del testo elettronico.

Utilizzando in modo molto “umanistico” i programmi di Office, è stato così realizzato un foglio excel di basilare importanza. Partendo dal testo critico elettronico collazionato in “vergine” formato .txt di Giulio Ossequente, ormai “messo in cassaforte”, si è andati a lavorare di trova e sostituisci su WinWord, per produrre una colonna di parole e simboli che è stata poi la base per la numerazione dei “pezzettini” fondamentali costituenti il testo. Lo scopo era di disporre di univoci punti di riferimento, che si è scelto fossero le unità più “utilizzabili”, che abbiamo chiamato parole, all’inglese words, ma che non sono esattamente parole.

Per realizzare la colonna degli elementi che poi sarebbero stati numerati abbiamo fatto queste facili scelte, affidate al processore, cui è stata data l’indicazione (in WinWord) di trovare e sostituire: ad ogni a capo sostituire un simbolo (zzzxyzwwjjwwxyzxxx); a ogni spazio trovato, sostituire un a capo. A questo punto si è potuto disporre di una colonna che era una serie interessante di singoli elementi: singole parole, singoli numeri; nomi abbreviati con puntino finali; parole con a fianco punteggiatura; simboli vari.

Da questa materia grezza, ricavata in automatico e poi trasferita con copia e incolla su un foglio Excel, si è ulteriormente manualmente andati a porre ordine, accorpando fra loro i simboli che seppure spaziati avevano logica unità (come ad esempio gli asterischi, che indicano lacune di diversa ampiezza a seconda del loro numero: 1, piccola; 2, media; 3, ampia). Alla fine si è arrivati a creare una colonna numerata in cui c’erano le singole unità (parole, date, nomi, numeri, simboli ecdotici) accompagnate sulla stessa linea (e quindi riferibili allo stesso numero) dai segni diacritici e dagli eventuali a capo, che erano rappresentati dal simbolo “zzzxyzwwjjwwxyzxxx”.

A questo punto, a partire da questo foglio .xls e su questo foglio .xls, utilizzando in modo molto pratico anche le facilitazioni legate alla presenza di colonne, è cominciata la prima opera di marcatura.

In automatico, abbastanza facilmente, è stato così possibile marcare e numerare le singole “unità-parola” con il marcatore <w> (w=word, cioè parola latina del testo critico) e l’attributo p="" (p=posizione, e fra virgolette il numero progressivo), in modo che ogni parola avesse un’univoca posizione. I numeri dei paragrafi Rossbach, invece, sono stati marcati con <n> numerati con l’attributo p="" (progressivo non fra le n, ma in assoluto, comprese le w; per cui alla w p="9", segue l’ n p="10" e poi continua la w p="11") e con l’ulteriore attributo type="nR" (in cui nR significa numero Rossbach).

Si è poi provveduto alla marcatura di tutta la punteggiatura, con il tag <pnt>, e alla sostituzione di tutti gli a capo che erano indicati con il simbolo “zzzxyzwwjjwwxyzxxx” con il marcatore <br/>. Ovviamente in questa fase si è fatta attenzione ad escludere dalla marcatura i punti che invece servivano come indicazione di abbreviazione, che sono rimasti all’interno del marcatore <w> come segni grafici equivalenti ad una lettera, per cui ad esempio “C. Livio” è stato marcato in questo modo: <w p="933">C.</w> <w p="934">Livio</w>, alla stregua di “coss.”, che è stato inserito nei marcatori così: <w p="933">coss.</w>, mentre la fine di un periodo è stata marcata ad esempio: <w p="943">>natus<pnt>.</pnt></w>.

D’altronde uno dei problemi (che poi emergerà ancor più a livello di apparato critico) è quello della convenzione di unità, che noi si è scelta a livello molecolare, indicandola nella parola, che ovviamente è formata dagli atomi e dalle singole lettere e dai simboli, e fors’anche dalla punteggiatura… Una problematica questa che ha imposto – dopo una serie di riflessioni – una scelta, che dopo esser stata operata ovviamente non diviene più reversibile: la numerazione infatti, una volta eseguita, deve rimanere assolutamente fissa, perché è indispensabile l’assoluta univocità del riferimento all’interno del testo!

Le cruces sono state marcate con <crux>+</crux> e sono state inserite, come la punteggiatura, dentro i tags <w>, assegnando loro così come numerazione di riferimento, diversamente dai segni diacritici, quella della parola seguente, seguendo questo schema ad esempio: <w p=345"><crux>+</crux>Caesar</w>.
L’unica parentesi quadra è rimasta come segno grafico parte integrante delle parole cui si riferiva, in apertura, come in chiusura (e potrà essere eventualmente utilizzato, anche automaticamente, con il comando “trova” su qualsiasi programma Office per eventualmente assegnargli specifiche ulteriori funzioni; oppure più semplicemente, quando dovrà essere messo in “sinergia” con l’apparato critico il segno convenzionale “filologico” troverà senza problemi un riferimento esatto e certo, univoco, nel numero assegnato alla parola, ed al gruppo seguente, fino alla quadra di chiusura); mentre le parentesi uncinate sono state sostituite con &lt; per l’uncinata aperta, e con &gt; per l’uncinata chiusa. Operazione, questa della sostituzione delle uncinate, che giocoforza è stato indispensabile effettuare dopo aver operato la marcatura in automatico dei segni di interpunzione del punto e virgola (;), che da “;” – sempre con trova e sostituisci – sono stati marcati <pnt>;</pnt>: chiaramente invertendo le operazioni si sarebbero creati guai non da poco, visto che il calcolatore avrebbe sostituito anche i ; di &lt; e di &gt;…

Le lacune, che nel testo sono segnalate con un numero variabile di asterischi (uno per la piccola, due per la media, tre per la ampia), sono state considerate invece – dopo una lunga fase di dubbi e di considerazioni, durante la quale si era anche ipotizzato l’uso di un marcatore ad hoc – come unità-parola, e marcate con il tag <w> integrato dagli attributi (ovviamente utilizzabili in alternativa) val="lacuna:piccola", oppure val="lacuna:media", oppure val="lacuna:ampia", di modo che apparissero ad esempio così: <w p="4214" val="lacuna:media">* *</w>. Anche se la cosa non è stata così indolore ed automatica, visto che l’uso dell’asterisco a volte in Rossbach si potrebbe confondere con quello della crux… Comunque la tendenza nel testo edito da Rossbach appare con quasi regolarità essere quella di utilizzare un asterisco per la lacuna di breve respiro (ma il caso di At*, ad esempio, che alla fine è stato marcato così: <w p="3120" val="lacuna:piccola">At*<pnt>.</pnt></w>, rimane un po’ a metà strada fra l’essere una lacuna oppure una crux); due asterischi per la lacuna di media grandezza, ed infine i tre asterischi per le lacune ampie (o difficili da quantificare, e quindi anche qui un po’ borderline con la crux…).

Il simbolo (?), che Rossbach ha utilizzato a fianco di alcune date dubbie, è stato mantenuto a livello “molecolare”, come parte integrante della stessa data, e marcato ad esempio così, come se facesse parte atomica del totale della molecola data: <w p="1983">637/117(?)</w>. Nulla esclude eventualmente di poterlo poi riutilizzare in automatico, per poter svolgere ulteriori operazioni sul testo.

Ricordiamo che disporre ora del testo critico Rossbach in un formato elettronico che mi sono permesso di chiamare “vergine”, cioè in .txt, ma anche poter utilizzare il foglio excel su cui si sono operate in automatico le prime marcature (che porta la definitiva numerazione, che – se accolta – risulta un’ulteriore àncora, per favorire la navigazione), significa disporre di una risorsa “elastica” e sicura, sulla quale sarà possibile effettuare qualsiasi altro tipo di intervento. Durante la fase di marcatura, infatti, è stata contestualmente effettuata (più volte) una revisione del testo di Giulio Ossequente, in modo tale che il formato elettronico risulta esattamente l’equivalente della stampa del 1910, con tutti i vantaggi che ne possono conseguire. Non ultimo anche quello di poter, ad esempio, in poche ore procedere quasi in automatico – utilizzando un semplice foglio di excel, e pochi comandi di incolonnamento automatico, seguiti da una revisione manuale e da un ordinamento corretto (che salvaguardi la numerazione di riferimento, utilissima per altre fruizioni, anche della lemmatizzazione stessa) – alla lemmatizzazione del testo del Liber prodigiorum; ma in assoluto, seguendo lo stesso metodo, di qualsiasi altro testo sia stato sottoposto alla medesima trasformazione in formato elettronico: cosa non da poco, considerando le giornate di duro lavoro che fino a pochi anni fa erano indispensabili, unitamente alla buona lena dello studioso che si sobbarcava dell’onerosa impresa, per operare la lemmatizzazione di un testo latino…
Ma le operazioni senza dubbio più complesse, ed anche problematiche, che si sono ipotizzate e teorizzate, e poi parzialmente condotte in porto, sono state quelle relative all’apparato critico che accompagna il testo digitalizzato di Giulio Ossequente nell’edizione teubneriana curata da Otto Rossbach stampato a piè di pagina, che presenta una serie di scelte tipografiche che non hanno nella quasi totalità dei casi affatto motivazioni di tipo estetico, rispondendo invece a ben precise indicazioni ecdotiche.

Su questo aspetto, che è sicuramente quello più meccanicamente utilizzabile nella fase di marcatura XML e che può dare grandi possibilità di gestione, essendo anche quello che meglio si sposa con la rigida grammatica della sintassi dell’XML, che gerarchicamente stabilisce con precisione ed in modo univoco che cosa rappresenti un certo simbolo e come debba interagire in rapporti univoci e a livello con gli altri, certamente si è potuto operare con una relativa facilità. Si può sperare poi – attraverso la metodologia che si è cercato di mettere in campo – di avere con il nostro lavoro creato alcuni presupposti che in futuro possano condurre anche ad una codificazione automatica, facendo sì ad esempio che un software assieme ad un ottimo scanner magari possano operare “da soli” una prima marcatura automatica XML, che, assieme alla trasformazione del testo cartaceo dell’apparato critico in MRF, renda maggiormente chiare, univoche ed utilizzabili le indicazioni che a livello di scelte tipografiche implicitamente o esplicitamente l’editore di un’edizione critica conferisce al suo apparato critico.

Ma anche un’altra piccola grande utopia o pratica speranza si è cercato di favorire: attraverso la marcatura omogeneizzante delle indicazioni associate alle varie lezioni dei vari responsabili ricordate e/o accolte nel testo critico di Rossbach, si è iniziato a cercare di vedere se fosse possibile trasformare verbi, frasi fatte, locuzioni, avverbi, modi di dire e semplici indicazioni tipografico-filologiche in precise indicazioni, che un marcatore XML poteva trasformare in univoci e scientifici dati omogenei, poi eventualmente gestibili da un calcolatore. Un tentativo quasi lachmanniano di rendere scientifico un linguaggio comunque estetico, qual è quello di un apparato critico: che, nonostante l’adattarsi dei vari filologi ad una certa uniformità, è sempre dopotutto personale, e a volte cade in variationes che non sono concettuali, ma inesorabilmente estetiche. Cercare di assegnare un marcatore univoco ad ogni verbo od espressione che indichi un’azione filologica uguale può essere una soluzione in questa direzione. Purtroppo il tempo tiranno ha riservato a questa interessante fase solo la possibilità di qualche esperimento: la strada quindi è ancora aperta, ma merita senz’altro di essere percorsa e sperimentata.

Tornando però sul nostro seminato, e riallacciando in modo ordinato i fili, vediamo di presentare quali pratici passi sia stato necessario muovere prima di potersi avventurare nelle più affascinanti ed interessanti ipotesi metodologiche.

In primis è stato necessario operare la collazione elettronica dell’apparato critico di Rossbach. Impresa che purtroppo – data la bassa qualità della stampa dell’edizione del 1910 (caratteri molto piccoli e utilizzo del corsivo, oltre che di simboli non sempre facilmente leggibili) – è stato deciso di operare manualmente, non riponendosi sufficiente fiducia nelle capacità dello scanner e dell’OCR: in futuro, però, si confida in un miglioramento dell’hardware e del software, che consenta a chi volesse seguire la mia stessa strada di operare in automatico la prima fase, che comunque in prospettiva io spero addirittura sarà fra pochi anni possibile esperire con un programma ad hoc, che anche premarchi in XML certi equivalenti tipografici.

Nell’effettuare la collazione elettronica dell’apparato Rossbach del Liber prodigiorum di Giulio Ossequente si è scelto – per motivi pratici – di “portarsi un poco avanti” nella marcatura XML: anche perché non c’era l’interesse, diversamente dal testo critico, di dover disporre in seguito di un testo “pulito” in .txt, in quanto il valore e l’utilità dell’apparato sono legati al suo “senso logico”, alla sua funzione in collegamento con il testo; insomma non ci interessava avere una “bella copia” elettronica dell’aspetto grafico dell’apparato critico, bensì era per noi obiettivo finale la sua trasformazione in ordinate ed elencabili indicazioni “scientifiche”, collegabili in qualche modo univoco sia con il vecchio testo cartaceo, sia ancor più con il nuovo testo elettronico. Così in fase di digitazione manuale si sono utilizzate scorciatoie (sotto forma ad esempio di simboli) che poi sono state sciolte a digitazione finita in sezioni già premarcate, utilizzando il comodo trucchetto del trova e sostituisci.

Questa operazione però ha previsto inevitabilmente una serie di preordinate logiche, che non potevano essere portate avanti a spizzichi e bocconi: è stato infatti indispensabile avere chiaro una volta per tutte – prima di partire fisicamente con la digitazione – l’obiettivo finale; perché tornare poi indietro sarebbe stato decisamente problematico.
Ci si è quindi posti operativamente alcuni obiettivi minimali e non più modificabili. A cominciare dalla decisione di mantenere come unità di riferimento dell’apparato Rossbach la pagina numerata dell’edizione del 1910, al cui piede è stato stampato, di modo che il file XML dell’apparato in versione elettronica sarà diviso in tante sezioni quante erano le pagine dell’edizione critica (da pag.151 a pag.181). Per marcare questa unità/sezione si è così utilizzato il tag <pag></pag> con l’attributo p=""; per cui l’apparato che si trova a pagina 152 della stampa teubneriana del 1910 è stato marcato in questo modo: <pag p="152"></pag>.
Nell’apparato Rossbach le note e diciamo le parole di mano dell’editore sono stampate con il carattere corsivo, mentre le parole latine del testo, oppure quelle delle lezioni, oppure ancora quelle dell’editio princeps sono in carattere normale. Per questo si è deciso in fase di digitazione di predisporre direttamente un marcatore <w></w> per ogni parola latina del testo, o per ogni lezione suggerita dai vari filologi citati, oppure per ogni parola che appariva nell’editio princeps aldina che veniva citata in apparato. Questo marcatore <w> prevedeva già un attributo p="" vuoto, che poi manualmente si sarebbe dovuto riempire con la posizione assoluta di riferimento, quella cioè del testo elettronico del Prodigiorum liber già disponibile e già numerato una volta per tutte. Rispetto a quella numerazione la parola dell’apparato che poteva sostituirsi a quella accolta nel testo critico sarebbe stata esattamente la stessa, essendo quella la posizione; invece nel caso di parole da inserirsi prima o dopo certe parole (che chiameremo segnaposto) del testo, si sarebbe provveduto alla numerazione dell’attributo p="" con un numero progressivo: ad esempio, aggiungendo al numero di posizione già fissato un .1, oppure .2, e così via (se la w ha p="151", quella che si inserisce dopo avrà la p="151.1", oppure se si vuole mettere prima della 151 una nuova parola la si numererà con –1 più .1, cioè prima di p="151" viene p="150.1", sempre che non sia occupato). In caso di parola unica che in alcune lezioni riportate in appartato si divide in due o più parole, si è operato allo stesso modo, aggiungendo un .1 al numero della prima parola, che viene mantenuto uguale, per segnare l’esatta posizione.

Per quel che riguarda invece le parole che nell’apparato vengono stampate non in corsivo, ma che servono esclusivamente per indicare la posizione in cui inserire una certa lezione, non si è provveduto alla marcatura con <w>, in quanto si sono ritenute semplici segnaposto. A loro sarà riservato in seguito un diverso tag: <pos>, con l’attributo p="", che indica il riferimento alla <w> del testo critico elettronico di riferimento, come si è ad esempio fatto in questo caso: <w p="28.1">Puteolis</w> ante <pos p="29">pleraque</pos>.

Per meri motivi di spazio e di risparmio di carta, l’apparato di un’edizione critica – oltre ad essere zeppo di abbreviazioni e di simboli – tende anche a non andare a capo, ma a segnalare la fine della nota relativa ad una data riga; nel caso di più note nella stessa riga Rossbach utilizza una barretta verticale (|) per dividere i diversi gruppi di intervento ed una doppia barra verticale (||) per indicare la fine della riga di riferimento. Ogni riga, nell’apparato a stampa, viene indicata con il suo numero, relativo alla pagina di riferimento.

Per rappresentare in modo logico ed agevole queste varie sottosezioni, e i vari gruppi e sottogruppi, non avendo nel testo elettronico problemi né di carta né di a capo, bensì necessità di esprimere chiarezza e logica, oltre che univocità, in fase di realizzazione del formato elettronico dell’apparato Rossbach abbiamo deciso, all’interno di ogni sezione <pag>, di inserire progressivi <itm>, uno per ogni riga citata, che venivano numerati con l’aggiunta del marcatore <l> per ogni numero di riga. Così ad esempio il contenuto del testo d’apparato che viene riferito alla riga 4 della pagina 151 del testo critico di Ossequente edito dal Rossbach, viene indicato (all’interno di <pag p=”151”>) con <itm><l>4</l></itm>.

Ogni <itm> avrà poi al suo interno o riferimenti di confronto ad altri testi, che si è deciso di marcare con <cfr></cfr>, oppure uno o più gruppi di lezioni, accolte o non accolte, citate da Rossbach. Perciò ogni singolo gruppo sarà contraddistinto da un ulteriore marcatore, che si è stabilito essere <g></g>, all’interno del quale saranno presenti la o le <w> che si riferiscono al testo, e soprattutto – oltre al grado di ipotesi ed al giudizio di validità o di accoglibilità della proposta lezione, formulato da Rossbach (sul quale si apre tutta quella grossa discussione ed interessante ipotesi metodologica che abbiamo in precedenza accennato, e sulla quale torneremo) – il responsabile di quella singola lezione, che può essere esplicito o sottinteso. Per segnalare il responsabile abbiamo deciso di utilizzare il marcatore <r></r>.

A marcatura finita, così, avremo come risultato una serie di gruppi, che possono venire facilmente riferiti in assoluto attraverso gli attributi di posizione delle <w> al testo critico elettronico di riferimento univoco, che ci consentiranno – se ben marcati – di disporre del nome dell’autore della lezione e della sua lezione, e del luogo nel quale immetterla: cioè sarà poi possibile praticamente utilizzare le indicazioni “storiche” sulle congetture elaborate nel tempo sul testo riportate da un editore per creare sorta di elenchi delle congetture per singolo editore diverso citato; oltre che operare al rovescio, come già è facilmente fattibile, vedendo per singola posizione quali ipotesi e lezioni siano state proposte. Questa base, poi, può essere tenuta buona ed implementata magari andando a marcare e ad inserire (ma ovviamente mantenendo gli stessi criteri di marcatura!) altri apparati di altri editori.

Nello specifico dell’apparato del 1910 di Otto Rossbach al Liber prodigiorum di Giulio Ossequente, andando ad operare a mano la marcatura dei vari responsabili di congettura, è emerso un elenco esplicito abbastanza numeroso, che poi può essere raggruppato e gestito con gli strumenti informatici in modo abbastanza pratico, visto che solo alcuni responsabili tornano molte volte, mentre per parecchi le citazioni effettuate sono una sola o pochissime.

Per mera cronaca si possono riportare i nomi di referenti espliciti che sono emersi durante questo lavoro, che citiamo in ordine di apparizione (ovviamente la loro marcatura è stata effettuata cercando di ottimizzare al massimo il lavoro, con pratici trova e sostituisci): Schefferus, Oudendorpius, H.Hauptius, C.Barthius, Iuntina, post Iuntinam editores, Scaliger, Heinsius, Sigonius, Hearnius, Iahnius, Cuperus, Nannius, Licosthenes, Perizonius, Mommsenus, Dukerus, Stephanus, H.I.Muellerus, Luterbacherus, Freinshemius, Wopkensius, Kappius, L.Wuelkerus, Pighius, vir quidam doctus apud Schefferum, Cluverius, Panvinius, Kornemannus, Munkerus, Barthius, Ortelius, ego, Burmannus, Wissowa, Lipsius, Leopardus, editio Basileensis prima, Vossius, Munckerus, Muretus, Turnebus, M.Hauptius, Rubino, Rupertus.

Per quanto riguarda però l’indicazione del referente, ovviamente spesso – all’interno di vari gruppi – sarà in realtà lo stesso Rossbach, che a volte appare in modo esplicito, indicandosi con “ego”, e in questo caso viene marcato così: <r val="Rossbach">ego</r>; ma spesso risulta esserlo in modo indiretto, desumibile dalla persona del verbo di congettura utilizzato: in quel caso si è deciso di segnalarlo con il tag: <r val="Rossbach"/>.

Nell’operare la manuale marcatura XML dell’apparato critico, è stato necessario riferirsi, per comprendere correttamente le indicazioni spesso eccessivamente sintetiche di Otto Rossbach, anche all’editio princeps aldina del 1508, che molto spesso viene implicitamente citata, quale non esplicita responsabile di alcune lezioni. Anche in questo caso è stato perciò utilizzato un marcatore ad hoc: <r val="Ald"/>.

A mo’ di piccolo inciso operativo, ricordiamo inoltre che l’assegnazione dei marcatori XML ha necessitato di più strumenti da usarsi in contemporanea: infatti per poter marcare in modo corretto i responsabili, ed assegnare il giusto valore al <r> e la giusta posizione alle <w>, oltre al file aperto (in fase di marcatura) dell’apparato elettronico Rossbach 1910, era necessario: tenere aperto il file .xml del testo critico elettronico di Obsequens con le <w> numerate; disporre della copia (una fotocopia) dell’editio princeps aldina; ed ovviamente avere sotto mano l’originale Rossbach. Una prassi questa che si teme dovrà restare – almeno nella fase di controllo e verifica - necessariamente manuale…

Alla fine di questa prima fase di marcatura dell’apparato critico Rossbach del Liber prodigiorum di Giulio Ossequente, si è così raggiunto un livello di ordinamento, che consente di vedere le varie unità pagine, i vari items/riga del testo, con all’interno i vari gruppi di lezioni, con i relativi responsabili e con le parole latine univocamente posizionabili (e sostituibili) all’interno del testo critico di riferimento. Inoltre sono stati anche evidenziati i vari riferimenti esterni: i <cfr>, che offrono notizie accessorie, e che non abbiamo pensato al momento di utilizzare più di tanto (anche se potrebbero diventare dei links…).

La parte più dura però deve ancora venire: ipotizzare – una volta fatta pulizia ed ordinati tutti questi indicatori – come marcare e quindi come gestire le varie espressioni, i vari modi di dire, i vari verbi (con tanto di avverbi) che Rossbach ha utilizzato per commentare le lezioni che ha riportato, e che solo in parte ha accolto.

Purtroppo questo così interessante e delicato compito è stato possibile sperimentarlo solo sulle prime sezioni/pagine dell’apparato Rossbach. Ma le prospettive e il tipo di studio che si possono in futuro fare paiono decisamente invitanti.

Oltre alla marcatura delle operazioni filologiche, ci sarà da approfondire e da far combaciare la messa insieme di più indicazioni che contribuiscono (regolarmente marcate) a formare un solo concetto. Ad esempio, se è possibile (ed è stato nel nostro caso sperimentalmente fatto) marcare un verbo come “coniecit” con un marcatore ad hoc <conj>, che indica una congettura, è chiaro che questo presuppone poi un’ulteriore definizione; ma anche chiaro che una congettura è diversa da una correzione… Quindi ragionare su questo specifico, ulteriormente, non può che essere foriero di elementi e di possibili scelte davvero interessanti; scelte che poi – opportunamente marcate – potranno condurre ad utilizzare il calcolatore in modo elastico, per rispondere a molte esigenze ed investigazioni, con agilità e velocità.

Un’ipotesi elaborata è stata quella di inserire nel marcatore di un’azione filologica che segue ad esempio un’indicazione di congettura un attributo val=”conj”, di modo che dentro il tag dell’azione ci sia anche la sua forza: chiaramente, se è un valore di congettura, ha una forza relativa. Si veda al proposito l’item della riga 3 di sezione/pag.151, che rappresenta questa emblematica situazione: “<itm><l>3</l> <g><w p="28.1">Puteolis</w> ante <pos p="29">pleraque</pos> <cad val="conj">excidisse</cad> <conj>conicit</conj> <r>Schefferus</r></g></itm>” , con l’excidisse, che indica una caduta, e che viene marcato con il tag apposito <cad></cad>, al cui interno però si aggiunge un attributo di val=”conj”, che esprime la forza, blanda, di congettura. Infatti nel testo edito da Rossbach il Puteolis non viene inserito!

Alla linea 12 sempre di pag.151 si ha una situazione simile, con un verbo però diverso: “putat”. Il verbo è diverso perché indica qualcosa di diverso da “conicit”? Forse sì; ma potrebbe anche essere una semplice scelta estetica di Rossbach, per evitare una ripetizione dopo poche righe… Che differenza c’è realmente fra un putat e un conicit? Facendo una forzatura io ho omologato in questo caso, assegnando il medesimo marcatore <conj> sia a putat che a conicit, il senso dei due verbi, anche perché l’ipotesi del putat poi comunque non trova riscontro in qualcosa di aggiunto, o in un segnale di lacuna, da parte di Rossbach, per cui praticamente scrivere putat excidisse, oppure conicit excidisse ha lo stesso valore; quindi usando lo stesso marcatore si semplifica e si chiarisce la funzione. Indubbiamente su queste scelte si gioca la qualità finale poi dell’apparato che emergerà elettronicamente, perché cercare di razionalizzare e di incasellare in un numero il più ridotto possibile di marcatori le variazioni, spesso solo estetiche, dell’editore, ovviamente offre un margine di errore.

Comunque nel nostro file .xml dell’apparato abbiamo proceduto a marcare così l’item della linea 12, in modo praticamente uguale a quello della riga 2 (cosicché, ad un futuro utilizzo in automatico, il calcolatore, se istruito, possa calcolare nella stessa maniera la funzione anche di verbi diversi, che però indicano una medesima azione / scelta): <itm><l>12</l> (…) <g>ea quoque prodigia, quae anno a. u. c. 567 apparuerint, una cum consulum nominibus <cad val="conj">excidisse</cad> <conj>putat</conj> <r>H. Hauptius</r></g></itm>.
Un’ulteriore assegnazione di marcatore <conj> è stato effettuato anche ad un terribile da affrontare, ma razionalizzabile forse in questo modo, avverbio: “fortasse”, che sostanzialmente indebolisce di molto l’azione proposta. Così alla linea 17 di pag.151 lo “scribendum”, che indica la volontà di scrivere una cosa diversa da quella che si legge di solito da parte degli altri editori, quindi un’altra lezione (ecco perché il marcatore utilizzato è <lectio></lectio>, cioè altra lettura, lettura diversa), è però uno scribendum debole; per questo si è operata ed applicata una marcatura del genere: <g>sed <conj>fortasse</conj> <lectio val="conj">scribendum</lectio> <w p="118">annos</w> <w p="119">natus</w> <w p="120">aruspicum</w> <w p="121">iussu</w> <r val="Rossbach"/></g>.

Fra gli altri marcatori che si sono sperimentati, ricordo <interp></interp>, che indica l’inserimento di una interpunzione, come accade a sezione/pag.151 alla linea 18, dove la proposta di Schefferus riportata in apparato (però non accolta dal Rossbach) è quella di spostare la virgola dopo “proelio”, che in questo caso diventa un semplice segnaposto (operazione che cambierebbe il senso della frase: infatti i Galli sarebbero giunti attraverso le Alpi senza battaglia, invece che, dopo esser giunti per le Alpi in Italia, esser cacciati senza bisogno di battaglia). Ecco come è stato marcato l’apparato in questo caso: <g>post <pos p="130">proelio</pos> <interp>distinxit</interp> <r>Schefferus</r><g>.

Altri tags creati per indicare fenomeni che possono essere descritti con più sinonimi sono stati: <corr></corr>, che indica correzione (usatissimo in un testo come quello di Ossequente, che deriva da una editio princeps…); <supp></supp>, che indica un completamento; <del></del> che indica una cancellazione; <lac></lac>, per indicare una lacuna, qualcosa che manca e che viene nel testo critico segnalato con asterischi di lacuna; <add></add>, per indicare un’aggiunta.

Certamente completando la marcatura di tutto l’apparato sarebbe possibile crearsi alla fine un sorta di utile dizionarietto, per cui a fianco del marcatore si potrebbero mettere i verbi o le parole utilizzate, così a fianco di <lac> troveremmo “exciderunt”; oppure sotto <del> seclusit… Ma per questo, e per tutto quello che ancora si può fare, offriamo il testimone a chi vorrà seguirci.


Pietro Bortoluzzi